sabato 16 giugno 2018

N.P. Il segreto (S. Agosti, 1971)

Degli "esodati" avete tutti un po' sentito parlare. Invece, è probabile che non abbiate mai sentito parlare dei "sussidiati". Se ne parla in questo film incredibilmente profetico di Silvano Agosti: N.P. Il segreto (1971). La proposta di un industriale illuminato di liberare dal lavoro le persone e garantire risorse e cibo illimitato viene bloccata e sovvertita da una sorta di colpo di stato di tipo paramilitare. L'industriale, dopo essere stato in qualche modo "ricondizionato", conoscerà lo spaventoso destino riservato al suo disegno utopico, oramai sabotato. Girato fra architetture metafisiche e futuribili, con una ipnotica colonna sonora firmata da Nicola Piovani, il film di Agosti, figlio del dibattito pubblico post-sessantottesco, non è incredibilmente invecchiato. Il ragionamento sul ruolo della tecnica nella società contemporanea, inoltre, non è per nulla banale. Acquistato dalla RAI, il film non è stato mai trasmesso in televisione... Capolavoro praticamente invisibile del cinema (fanta)politico degli anni Settanta.

mercoledì 13 giugno 2018

L'estate di Camerina (M. Tomassoli, 2012)

L'estate di Camerina è una raccolta di nove bellissimi racconti, scritti da Mauro Tomassoli: "La festa", "I due amici", "La pallina da ping pong", "La partita di tennis", "Sputi", "Il professore martire", "Il sorpasso difficile", "La sparizione della pistola", "L'estate di Camerina". 

Ogni racconto condivide con gli altri una stessa condizione: la mancata risoluzione della storia. È il resoconto di un alibi, il documento d'una debolezza, la denuncia di una paralisi, che sembra rimandare direttamente alla poetica Joyciana. L'azione è sempre fermata un passo prima di compiersi. In un modo o nell'altro, spetta al lettore decidere di compierla o farla compiere al protagonista di turno; gli spetta completare il quadro. Addirittura ne "La sparizione della pistola", gli viene chiesto di calarsi nei panni del detective. Il finale di questo racconto ricorda moltissimo l'ultima sequenza di Roulette Cinese di R.W. Fassbinder, oltre a portare alla memoria il Centodelitti di Giorgio Scerbanenco (Garzanti).

Tomassoli ci propone una piccola epistemologia del gesto, che trova una sponda affatto deserta nelle arti e nel cinema contemporanei. Un riferimento immediato potrebbe essere quello della ricerca operata dalla pittura impressionista sullo sguardo (cfr. Stoichita, Effetto Sherlock, il Saggiatote). Oppure si pensi all'Amleto di Laforgue, poi riletto da Carmelo Bene.

Alla riflessione sull'opacità, il pudore, l'impossibilità del gesto, specie se risolutorio, s'accompagna la dimestichezza con le lacune, le ellissi, le mancanze, che della letteratura sono vero e proprio elemento vitale (Gardini, Lacuna, Einaudi). Mauro Tomassoli sembra volerne definire la ricchissima tassonomia. La lacuna, poi, s'arriva quasi a toccare nello straordinario passaggio dell'ultimo racconto ("L'estate di Camerina"), in cui Adelaide comunica con Niki scrivendogli col dito sulla schiena, in una sorta d'esperimento di deprivazione sensoriale.

Il ritmo della prosa non manca mai. Si procede nella lettura senza alcuna fatica, ma allo stesso tempo avvertendo la fortissima tensione dialettica tra intenzione e gesto, che caratterizza ogni storia. Tutto funziona, però, perché c'è anche un ingrediente segreto nella formula narrativa di Tomassoli, che si arriva a scorgere, forse, solo alla fine. L'autore, infatti, è molto bravo a rendere familiari tutti i contesti del suo "discorso sul noumeno", tramite dialoghi, rituali, sfondi. Anzi, egli tratta, più precisamente, della familiarità perduta, della "nostalgia" (per qualche motivo, mi è spesso venuto in mente Cesare Pavese). In questo modo, il suo è un discorso che tematizza la topologia del/nell'intreccio, lo spazio (che spesso è proprio il responsabile della rinuncia alla responsabilità del gesto) e il tempo, che spesso allude al montaggio cinematografico. Entrambi aspetti definitori del concetto si nostalgia (Barbetta, La follia rivisitata, Mimesis). I racconti si aprono ("La festa") e si chiudono all'insegna d'una fortissima nostalgia, tra maturità e infanzia, come tra due parentesi o come tra i due lati d'un sipario.

A questo punto, sembra affiorare la soluzione, la terapia per il dolore del ritorno: esso va spostato all'infinito (l'eterno ritorno); bisogna impedire al gesto di compiersi, affinché si possa sempre pensare di tornare ad Itaca, ché nulla è perduto. Sembra, così, d'averla (già) vissuta quell'estate a Camerina, e non resta che riviverla, senza naturalmente mai concluderla. È la legge del desiderio, che rende questa bellissima raccolta un piacere raro.

Mauro Tomassoli, L'estate di Camerina, Roma, Avagliano, 2012.

venerdì 8 giugno 2018

Il seno (P. Roth, 1972)

Questo Roth me lo ero perso. Un Roth minore, forse. Tuttavia, che segna la nascita del leggendario prof. Kepesh. Un evento, dunque. Divertente ma profondo, surreale e ridicolo ("come il lato di ogni catastrofe"), colto e trash. Impossibile, ovviamente, non pensare alla tetta gigante di quell'altro grande erede americano della tradizione ebraica: il Woody Allen di Tutto quello che avreste voluto sapere sul sesso.... Il riferimento forte del racconto, comunque, è Kafka. Forse non si dovrebbero leggere certi "cattivi" maestri. "E lui insegna questa roba? All'università?", si chiede il padre di Kepesh. Forse è tutto nella testa, ma la testa non è tutto? "State attenti ai desideri più folli; potrebbero diventare realtà", ci avverte Roth. Si legge in una sera. Una delizia!

Philip Roth, Il seno, trad. it. Einaudi, Torino.