mercoledì 2 luglio 2014

Amami, se hai coraggio (Jeux d'enfants, Yann Samuel, 2003)

Gli ultimi versi de La vie en rose, la canzone che fa da colonna sonora (in varie versioni) ad Amami se hai coraggio, recitano così: «Des nuits d'amour à plus finir. Un grand bonheur qui prend sa place. Des ennuis, des chagrins s'effacent. Heureux, heureux à en mourir» (grosso modo, qualcosa tipo: «Notti d'amore senza fine. Una gran felicità che s'avvicina. I fastidi, i dolori si cancellano. Felice, felice da morire»). 

Il riferimento è, ovviamente, all'amore; quello con la A maiuscola, che rende felici da "morire". Tuttavia, anche i giochi danno le loro belle soddisfazioni; soddisfazioni che si possono paragonare ad altre cose belle della vita, un elenco delle quali viene urlato da Julien Janvier (Guillaume Canet), in uno snodo cruciale del film, aggiornando la celeberrima lista delle cose per le quali vale la pena vivere di Woody Allen in Manhattan. Detto fra noi, il fatto che il nostro abbia incluso nella lista il Muppet Show e tutto il lato B di Abbey Road dei Beatles, mi fa preferire la seconda versione... 

Ma si diceva della soddisfazione dei giochi. Sì, perché i giochi possiedono delle caratteristiche che li rendono estremamente seduttivi agli uomini (e ai bambini), i quali a volte finiscono addirittura col dipenderne. Si tratta di caratteristiche, che Roger Caillois, in I giochi e gli uomini. La maschera e la vertigine (1958), ha riassunto nella competizione (agon), nel caso o azzardo (alea), nella mimesi, cioè nella "simulacrità" dei ruoli (mimicry), e nella vertigine (ilinx). La riflessione di Caillois fa il paio con quella Goffmaniana sui rituali dell'interazione, che non a caso sono caratterizzati - secondo il grande sociologo canadese - da "giochi di faccia", con una posta spesso importante o, addirittura, crudele (come accade coi bambini). Nella pellicola del bravo Yann Samuell, tutti questi elementi trovano posto in una struttura congegnata straordinariamente bene, che riesce a trovare spazio pure all'ironia e alla comicità.

Si potrebbe dire che il film ha uno sviluppo orizzontale e uno sviluppo verticale, come a disegnare un piano cartesiano. Sull'asse orizzontale (diacronico) troviamo l'opposizione tra mondo bambino e mondo adulto; mentre sull'asse verticale (sincronico) la dicotomia bene-giusto/male-ingiusto. Ne emerge uno spazio complesso, in cui ritroviamo quattro quadranti: bene-bambini; bene-adulti; male-bambini; male-adulti. Esplorando tali combinazioni, Samuell costruisce l'intreccio del film, che - come una funzione matematica di grado superiore - prevede asintoti, punti di flesso, curve e linee. Ad un certo punto, il gioco del piccolo Julien, nella stanza d'ospedale della madre morente, riesce pure ad evocare questo spazio ludico, attraverso il movimento della m.d.p. sul pavimento a scacchi (il gioco dei giochi) (vedi la Fig. 1).

Fig. 1 - Spazi ludici

Lo sguardo del regista è eccentrico, pieno e competente, come testimoniano anche le numerose citazioni cinematografiche (dal Dottor Zivago a l'Atalante di Vigo, da Harry ti presento Sally a Gli anni in tasca di Truffaut). Vengono anche tenuti magistralmente assieme tutti i sottotemi del film, come - ad esempio - quello psicanalitico. A un certo punto, Sophie accusa Julien di non essere riuscito ad "uccidere il padre" e di non saper allontanarsi dall'amore edipico per la madre (e sembra d'ascoltare il Gaber di Un uomo e una donna).

Grande la recitazione della bellissima Marion Cotillard, nei panni di Sophie Kowalsky, e convincente quella dei due bambini. Sceneggiatura elegantissima, un perfetto giocattolo a corda, con un bel pugno di battute da ricordare. Prova da maestro per Yann Samuel, che reinventa il romanticismo ai tempi moderni, anche a costo d'usare una colata di cemento per rappresentare la forza dei legami d'amore. 

Solo un'ultima nota, per concludere. Da bambino, Julien afferma che gli amici sono come un paio d'occhiali che ti fanno vedere il mondo in un certo modo. Questo film non è una mia scoperta, ma mi è stato suggerito, così come, indirettamente, un paio di spunti critici. Un bel dono, che merita un ringraziamento speciale (come questa recensione). E potremmo estendere le stesse considerazioni al cinema. È molto probabile che, dopo il film, si veda per un po' il mondo in modo diverso, come quando s'indossano per un certo tempo dei grossi occhiali da miope. Provando quella curiosa ilinx, ch'è anche una delle caratteristiche dei giochi (e dei sentimenti, of course) (Fig. 2).

Fig. 2 - Attenta al treno! Per fortuna, siamo alla gare Lumiere...

Un film da custodire in videoteca, come una vecchia scatola di latta colorata. Immaginario come la radice quadrata d'un numero negativo. 5/5