mercoledì 11 maggio 2016

Ore Diciotto in Punto (G. Gigliorosso, 2014)

Ore Diciotto in Punto è un film siciliano, interamente autoprodotto, diretto da Giuseppe Gigliorosso. 

Come scrive lo stesso regista, nelle pagine del corposo libretto, allegato al DVD: "è un film completamente indipendente, realizzato senza contributi pubblici, senza 'padroni', un film che ha voluto vedere la luce a tutti i costi. Gli unici produttori del film siamo noi, sono i tecnici e gli attori". Per questa ragione, è quasi un miracolo che sia stato realizzato, sia uscito nelle sale e, oggi, sia pure disponibile in DVD (anche se non si tratta di una vera e propria distribuzione).

Ore Diciotto in punto non è solo fuori dal mercato dal punto di vista economico, ma è anche fuori dal "mercato" delle idee e dalla trivialità del cinema italiano contemporaneo. È un film diverso - meravigliosamente diverso, verrebbe da dire.

A proposito di miracoli, la trama è presto detta. Nell'effervescente e claustrofobico "ufficio traghettatori dell'aldilà", Paride (una specie d'angelo fuori catalogo) incappa in una "pratica" piuttosto complicata: l'aspirante suicida Nicola (un allampanato Salvo Piparo) non riesce a realizzare l'insano gesto, perché "distratto" da una misteriosa telefonata. È un'anomalia, un'imprevista curvatura spazio-temporale. Riuscirà Paride ad evadere la pratica? Ed in che modo? 

Naturalmente, non si tratta d'un tema nuovo nella storia del cinema, si possono ricordare, ad esempio, Accadde in Paradiso (A. Rudolph, 1987) o l'ancora più noto Il paradiso può attendere (W. Beatty e B. Henry, 1979), a sua volta remake di L'inafferrabile signor Jordan del 1941; per non parlare dei tanti riferimenti letterari. Ma qui abbiamo alcune piacevoli novità, e un certo gusto per la sperimentazione a più livelli.

Ore Diciotto in Punto è una favola contemporanea, un poemetto ispirato e a tratti commovente, una composizione delicatamente surreale. I personaggi sono disegnati come in un fumetto, e gli attori svolgono bene il loro compito (con una menzione speciale per Lollo Franco), facendo prevalere la maschera e il corpo sull'interpretazione e le parole. Nicola e la Duchessa (Valentina Gebbia) sono archetipi perfetti d'un racconto senza tempo, se non fosse per l'espediente diegetico del telefono cellulare. Ciò rende il film adatto praticamente a tutte le età... e le sensibilità.

Un aspetto che mi ha particolarmente colpito è quello di avere reso Palermo (fotografata splendidamente da sguardi esperti e da ottiche niente affatto low budget) un luogo dello spirito anziché un luogo reale, concreto, storicamente determinato. Con la rinfrescante conseguenza, che non è dato rintracciare alcuno stereotipo isolano, come è prassi in molti film girati in Sicilia. Ci sono solo degli accenti costieri nelle parole, che accarezzano i dialoghi con un tocco d'"esoticità".

A dispetto della leggerezza del tutto, sullo sfondo s'intravedono comunque letture importanti e profonde, e alcune citazioni cinematografiche d'autore (il bagno nella fontana, solo per citarne una). La sceneggiatura e la struttura del racconto sono notevoli. Il gioco di rimbalzi tra apparenza e realtà, tra fantastico e verosimile, tra destino e caso (o caos?), tra determinismo (le regole, ad esempio) e libero arbitrio (temi cari a Émile Durkheim, uno dei primi studiosi ad occuparsi scientificamente del suicidio...) è sviluppato davvero molto bene, tradendo una certa densità filosofica. Brillante il lavoro sulle emozioni dello spettatore, esito d'un fine lavoro di montaggio e regia (Gigliorosso si ritaglia anche un cammeo nel film), e di una soundtrack che veste il film con eleganza. Il finale, poi, è straordinario, e alcune trovate nella messa in scena possono entrare di diritto in una nuova antologia del cinema. Bravi tutti, con premi e riconoscimenti meritati. 

Una telefonata può salvare la vita, ma anche un bel film "un ci babbìa". Ossigenante. 4/5

Il trailer del film

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