mercoledì 8 luglio 2015

Livide (A. Bustillo e J. Maury, 2011)

Vagamente ispirato a Coppélia, il balletto di Delibes, Nuitter e Saint-Léon, dove è protagonista una bambola meccanica, Livide (2011) di Alexandre Bustillo e Julien Maury è un gran film horror, che spicca nell'affollata galleria della nouvelle vague europea, della quale, peraltro, i due registi sono tra i migliori esponenti (vedasi À l'intérieur). La stessa etichetta di "horror movie" gli sta stretta, in quanto si tratta di un'immersione a corpo intero nel genere fantastico, di cui l'horror è solo una parte, sebbene fondamentale.

Il fantastico è l’irruzione del non-familiare nella realtà quotidiana. È quel genere in cui elementi non familiari (il "perturbante" freudiano) si innestano in un contesto di apparente realtà (Caillois), provocando un senso d'esitazione (Todorov) in chi ne è investito. È anche lo smarrimento dell'abitare. Non è casuale la centralità della casa in molti racconti fantastici, come peraltro in questo. Difatti, un progressivo, traumatico spaesamento è ciò che incombe sulla giovane Lucie (la brava Chloé Coulloud), che, assieme ai sue due avidi ed impazienti amici, dovrà vedersela con una dimora maledetta e i suoi bizzarri e fatali abitanti.

Storia e ambientazione sono un tòpos classico del cinema horror: un gruppo di giovani che s'avventura in una casa stregata. Tuttavia, ciò che rende molto intrigante il film è la sua possibile lettura psicanalitica. Lucie è giovane ed incompleta, ha un'identità bambina, ha due occhi di colore diverso, che denunciano la sua doppiezza e la mancata identificazione con un modello adulto (ostacolata anche dal suicidio della madre). Può darsi che alla fine riesca a portare a compimento questo processo, ma dovrà prima fare i conti col suo inconscio, con la dialettica tra il suo io riflesso ed il corpo-in-frammenti (l'espressione è di Lacan, e mai fu più adeguata, in questo caso...) dell'Es

Le simmetrie biografiche di Lucie e Anna (la delicata Chloé Marcq), inoltre, fanno anche pensare alla tensione strutturale e universale dei rapporti intergenerazionali. C'è sempre qualcosa di rotto (e talora si nasconde anche qualcosa di terribile) nella dialettica tra vecchi e giovani (o bambini). E questo s'intuisce già all'inizio della storia.

Il finale del film, che qui non anticipo, rimanda a quell'altra declinazione del fantastico che sono le storie di fate, al sublime, allo Sturm und Drang iconograficamente richiamato dall'evocazione del celeberrimo quadro di Caspar David Friedrich, Viandante sul mare di nebbia (Der Wanderer über dem Nebelmeer).

Annegato in una fotografia cianotica, livida per l'appunto, e in un côté d'ispirazione gotica, il film si ricorda per le numerose scene da antologia. Alcune certamente derivate, come dimostrano i numerosi debiti di riconoscenza nei confronti dei grandi maestri del genere riportati esplicitamente nei titoli di coda: da Sam Raimi a George A. Romero, ma girate con grande maestria. Una delle sequenze più riuscite, a mio avviso, è il primo delitto perpetrato nella casa ad opera delle ballerine velate.

Confesso d'aver sentito qualche brivido sulla schiena, in più d'una occasione. Ed è per me evento rarissimo. Peccato, però, che il film descriva soltanto, e non spieghi (forse, perché non può?). Se, oltre il simbolico (con il suo portato di metonimie e metafore), oltre i sintomi, avesse intrapreso anche la strada dei meccanismi che li generano, sarebbe stato un capolavoro assoluto. Così, invece, continua a girare come un carillon rotto. Senza un finale, perché non c'è un inizio. E tuttavia, questo ha anche un suo intrigante risvolto psicanalitico: non si può guarire dal sintomo, diceva Lacan. L'unica cosa è imparare ad averne consapevolezza... e mantenersi in equilibrio sulle punte. Coreutico. 4/5

2 commenti:

  1. Questo mi piacerebbe vederlo, se solo avessi il coraggio che avevo un tempo. Intanto complimenti per il blog, peccato non sia così frequentato, come meriterebbe. Non sono riuscita a trovare la sezione "segui" che se non sbaglio su questa piattaforma esiste. In ogni caso verrò a dare una sbirciatina ogni tanto per vedere se ha pubblicato qualcosa di nuovo.

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  2. L'ambizione è quella di alzare un po' il tiro nella scrittura delle recensioni, il che potrebbe allontanare anziché avvicinare molte persone. Grazie per l'idea sulla sezione "segui": ci lavoro su. E grazie per il commento.

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