giovedì 5 marzo 2015

Solo gli amanti sopravvivono (Only Lovers Left Alive, J. Jarmusch, 2013)

Nel 1982, Alain Aspect riesce a trovare una risposta al paradosso di Einstein, Podolski e Rosen in merito al fenomeno della correlazione quantistica, il cosiddetto entanglement quantistico. Egli conferma sperimentalmente che due sistemi fisici (ad esempio, due elettroni), se hanno interagito in passato, continueranno (eternamente?) ad interagire, sebbene spazialmente lontanissimi. Ciò che sembra un paradosso per la fisica classica, è in realtà un fenomeno misurabile. 

È questa l'idea che ispira il film di Jarmusch, presentato a Cannes 2013, Solo gli amanti sopravvivono. Adam (Tom Hiddleston) ed Eve (Tilda Swinton) sono spazialmente separati, uno vive a Detroit l'altra a Tangeri, ma sono sposati da sempre, dalla notte dei tempi (i nomi lo evocano simbolicamente). Sono eterni. Non vivi, non morti. Inattuali. Sono vampiri. Reincarnazioni, insieme ad altri "colleghi", di spiriti elevati che hanno interagito (sono, dunque, entangled!) con scrittori, poeti e musicisti più o meno maledetti (da Marlowe, Shakespeare e Poe, fino a Iggy Pop, passando per Eddie Cochran). 

Proprio la musica, anch'essa inattuale, in questo caso, mi pare essere l'oggetto di valore al centro della riflessione di Jarmusch. Adam, che è un musicista, ne è una sorta di custode, ne conserva oggetti (strumenti e attrezzature) e simboli (opere, spartiti, dischi). Li difende paradossalmente dalla vampirizzazione contemporanea. Significativa, in questo senso, la sequenza in cui si vede una parete della casa di Adam, ricoperta di ritratti che rimandano ad una sorta di Pantheon personale (a me ha ricordato la copertina di Sgt. Pepper's dei Beatles), un peculiare cabinet d'amateur (cfr. la Fig. 1).
  
Fig. 1 - Cabinet d'amateur

I nuovi vampiri, infatti, sono i fan, i vivi che hanno un sangue "inquinato", il mercato. I vampiri reali, invece, sono creature pure, ma annoiate (l'ennui è qui una riuscita metafora dell'amoralità, già sfruttata negli Amleto di Carmelo Bene), esitanti e assediate. Il rovesciamento epistemologico, lo spin quantico, è servito. 

Ma la musica è essenzialmente condivisione, come ha una volta detto efficacemente Ian Anderson (con i suoi Jethro Tull, nel gotha della musica rock). Sicché il solitario Adam soffre l'assenza della dolce Eve, la quale decide di andarlo a trovare col suo nutrimento di testi e pallido corpo. Ma qualcosa comincia a interferire con l'entanglement quantistico, e porterà a nuovi equilibri...

La metafora musicale di Jarmusch, tuttavia, non scompare. Il nuovo equilibrio allude ad una nuova musica, alla scoperta di qualcosa di diverso che potrebbe conquistare il mondo, all'insegna della contaminazione con l'altro; divorando, però, forse, l'esotico. Il nuovo e la contaminazione confliggono con l'eterno presente, che a questo punto può essere garantito solo da un atto violento. È, tuttavia, un atto etico, sostenuto da un nomos sensuale e senza orfani. "Love is all you need", cantavano i Beatles, che appunto sono stati i testimoni più scintillanti di quel nomos nella grande narrazione pop-rock. Rien va plus.

Il film è figurativamente molto bello. Ha un certo côté in stile seventies, che s'accorda benissimo con una colonna sonora vintage; ma non nostalgica, si badi. Ciò significa che in qualche modo il film rimane ancorato all'attualità dell'inattuale. Suggestive le riprese notturne, i bagliori della città, l'archeologia industriale, il modernariato in plastica colorata e bachelite, il sangue che viene consumato sotto forma di ghiacciolo, i quali finiscono con l'innovare le classiche categorie estetiche preromantiche (dopo la lezione cyber e steampunk) (cfr. la Fig. 2). Qui regista e direttore della fotografia (Yorick (sic!) Le Saux) si assicurano il jackpot

Fig. 2 - Neo-preromanticismo

La recitazione della Swinton è rara e perfetta, soprattutto quando deve evocare la natura animalesca della sua condizione di vampiro. Un po' meno efficace Tom Hiddleston, talora fuori sincrono. Peccato invece per i dialoghi, spesso banali, che in qualche occasione scadono addirittura nel comico (m'è venuta in mente la Famiglia Addams!) Non escludo, tuttavia, che, nel caso della versione italiana, abbia avuto una qualche colpa il doppiaggio. In mancanza di testi stimolanti, le due ore di proiezione aggiungono zavorra. 

Un'occasione, in parte, mancata; ma grande cinema. Progressive. 3,5/5

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