giovedì 26 giugno 2014

Il conformista (B. Bertolucci, 1970)

Ci sono due sequenze del Conformista (1970) di B. Bertolucci che, a mio avviso, ne riassumono compiutamente il senso.

Nella prima, Marcello Clerici (Jean-Louis Trintignant) si trova ad una festa e, dopo avere avuto una discussione col professor Quadri (Enzo Tarascio), viene accerchiato da un vortice di persone danzanti, che lo spingono a ballare, nonostante egli non ne abbia tanta voglia. È turbato perché lo ha appena tradito, il professore: ha, infatti, comunicato alla polizia politica fascista (impersonata da Gastone Moschin) il luogo e l'occasione in cui potranno trovarlo da solo, per ucciderlo. È la società che, simbolicamente, lo accerchia, e lo spinge a fare ciò che, di sua sponte, non farebbe. È la società che lo porta a conformarsi (vedi la Fig. 1).

Fig. 1 - Marcello Clerici circondato dai festanti

Nella seconda sequenza, Clerici insegna a recitare l'Ave Maria alla figlioletta (vedi la Fig. 2), lui che per tutta la vita ha rifiutato e combattuto il cattolicesimo. La stanza della bambina, così come tutta la casa, è piena d'immagini e oggetti sacri, che serviranno a prepararla all'incombente epoca democristiana, dopo la parentesi fascista; ciò che accomunerà (quasi) tutti gli italiani, i quali, fino a poco tempo prima, avevano espresso il loro consenso convinto al Regime (senso di déjà vu, eh?). Aveva ragione Elias Canetti: «la massa, d'improvviso, c'è là dove prima non c'era nulla», e poi tende a crescere, e si stabilizza trasformandosi in religione (lo "stato di massa mitigato"), rendendo tutti conformi tramite i suoi sluagh-ghairm.


Fig. 2 - Clerici prepara la figlia al mondo che verrà

Ma è, probabilmente, nei titoli di testa che Vittorio Storaro fotografa perfettamente la figura di Marcello Clerici, con una luce rossa che lo illumina in modo intermittente, lasciandolo a tratti immerso nelle tenebre, come a sottolinearne l'ambiguità (vedi la Fig. 3).

Nel 1949, R.K. Merton, riflettendo sulle cause della devianza, aveva indicato cinque possibili combinazioni nel rapporto tra le mete che la società propone di raggiungere agli individui e i mezzi che mette loro a disposizione per ottenerle. Il "conformismo" è una di queste combinazioni, che si dà quando una persona accetta sia le mete sia i mezzi che ha a disposizione. È questo il conformismo di cui ci parla Bertolucci (e il romanzo di Moravia, da cui è tratto il film)? Ebbene, no! Il conformismo di Marcello Clerici ha un altro nome nello schema mertoniano, prede il nome "ritualismo", e consiste nell'adattarsi ai mezzi, pur non condividendo le mete. È l'atteggiamento di chi "va sul sicuro", si accontenta, non osa, segue le regole anche quando queste sono palesemente ingiuste, o dolorose da accettare (vedasi la sequenza in cui Marcello deve rassegnarsi al sacrificio della bellissima Dominique Sanda, nei panni di Anna Quadri. Una sequenza d'alta scuola di regia). Ce lo confessa lo stesso Clerici, alla fine del film, quando dice ad una moglie (Stefania Sandrelli) che recita il ruolo di mera comparsa nella propria vita, e che ha sposato per darsi una tranquilla dimensione piccolo-borghese: «Farò quello che faranno quelli che la pensavano come me. Quando si è in tanti, non si corrono rischi». Per Merton, il ritualismo è una forma di devianza, non meno grave del furto.

Fig. 3 - L'ambiguità di Clerici evocata nei titoli di testa

Il film di Bertolucci è raccontato operando su più piani temporali, che si intersecano e sovrappongno in modo non lineare, anche qui a sostengo della doppiezza che si nasconde dietro la confromità. È girato benissimo, in modo nuovo rispetto ai lavori precedenti del regista, in certi momenti facendo uso di veri e propri virtuosismi e audaci movimenti di macchina, e splendidamente fotografato. Ma c'è più stile che cuore, un po' come in Marcello Clerici (il cui profilo, in molti frangenti, assomiglia in modo impressionante a quello di Silvio Berlusconi: un destino!).

Tra le svariate chiavi di lettura del film, vi è ovviamente anche quella dell'ipocrisia borghese, che propone una raffigurazione posticcia e ritualistica della vita pubblica, ma si concede il lusso d'una vita privata "fuori squadra". E così, Clerici desidera Anna, che s'è invaghita della signora Clerici, che a un certo punto sembra potersi concedere al professore. Per non parlare del "santino" della tradizionale famiglia borghese, qual è quella di Marcello, sotto la cui patina si nascondono una madre tossicomane ed un padre con problemi psichiatrici (forse, come conseguenza della sifilide); mentre lo stesso Clerici, da giovanetto, è stato oggetto di abusi da parte dell'autista di famiglia (di qui, anche una possibile lettura psicanalitica della vicenda del protagonista). Insomma, ce n'è abbastanza per demolire ogni illusione di buona società, anche quando si potevano tenere le porte aperte, senza paura d'essere derubati, ed i treni erano puntuali... Raffinato (3/5).

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